J.R.R. Tolkien Autore del Secolo

Copertina

di Tom SHIPPEY
Introduzione all'edizione italiana: Franco Manni
Traduzione dall'inglese: Roberto Di Scala, Beppe Roncari, Alberto Quagliaroli, Lorenzo Daniele, Filippo Rossi, Carlo Stagnaro, Simone Bonechi
Revisione e uniformazione delle traduzioni: Fiorenzo Delle Rupi
Illustrazioni: Lorenzo Daniele
Titolo originale: J.R.R. Tolkien Author of the Century (2000)
Milano, 2004, Simonelli (Il piacere di raccontare)
ISBN: 88-86792-71-9
Br, dim. [hxl]: 210x130, pagine: 356, prezzo: € 25,00
Copertina: Lorenzo Daniele, "Arcieri di Faramir (part.)"



Risvolto di copertina

Questo libro, considerato nel mondo il più rigoroso, originale e divulgativo studio su tutta la produzione letteraria tolkieniana è la prima opera di Shippey tradotta in Italia.
Nel volume, il famoso studioso, dopo aver analizzato Il Silmarillion, Lo Hobbit e le opere minori tolkieniane si sofferma a lungo sul capolavoro di Tolkien, Il Signore degli Anelli, che è presentato come romanzo moderno e non come saga neomedievale. E, soprattutto, come "romanzo di guerra", nel cui largo simbolismo trovano potente espressione artistica le tragedie e le speranze della prima metà del XX° secolo.
Tra le tematiche principali affrontate da Shippey troviamo: lo Smarrimento e il Destino (o Fortuna); il Coraggio delle persone umili ed allegre; le Concezioni del Male; la Mediazione mitica tra paganesimo e cristianesimo.
Altri approfondimenti riguardano natura e ruolo della Letteratura Fantastica novecentesca, le fonti letterarie tolkieniane, la collocazione dell'opera tolkieniana nel canone degli stili e dei generi, le motivazioni delle risposte favorevoli e sfavorevoli della critica. Il lettore troverà qui etimologie dall'Inglese Antico, riflessioni sulle metafisiche boeziana e manichea, analisi dei moduli narratologici, genealogie tra i testi antichi, altomedievali e moderni, riferimenti precisi alle singole battaglie della Seconda Guerra Mondiale, confronti con autori come James Joyce, George Eliot, T.S. Eliot, Evelyn Waugh, riferimenti a specifici episodi della critica letteraria tra Anni Cinquanta e Anni Sessanta.
Ma il libro è, comunque e davvero, un libro accessibile e anche avvincente, perché la narrazione è sempre molto chiara, ogni riferimento culturale è collocato nel suo contesto ed è spiegato, ogni affermazione teorica è accompagnata da esempi concreti, ogni tesi interpretativa è dimostrata con lucidi schemi logici, non vi è compiacimento snobistico nell'uso dei termini tecnici.
Nell'edizione italiana, l'opera di traduzione, introduzione e annotazione è stata curata dalla rivista tolkieniana Endóre.


Quarta di copertina

"Con il suo titolo deliberatamente provocatorio, Shippey vuole significare due cose: che Tolkien è stato uno dei più grandi autori del XX secolo, nonostante i tentativi di certa critica per sminuire la sua importanza; e che Tolkien è stato un autore di quel secolo, un caratteristico autore novecentesco, nonostante da alcuni sia stato percepito come un nostalgico del medioevo."

David Bratman


Indice

    Introduzione all'edizione italiana
    
    RINGRAZIAMENTI
    
    PREMESSA:
    AUTORE DEL SECOLO
    
    I. LO HOBBIT:
    LA REINVENZIONE DELLA TERRA DI MEZZO
    
    II. IL SIGNORE DEGLI ANELLI (1):
    ELABORAZIONE DI UNA TRAMA
    
    III. IL SIGNORE DEGLI ANELLI (2):
    CONCETTI DEL MALE
    
    IV. IL SIGNORE DEGLI ANELLI (3):
    LA DIMENSIONE MITICA
    
    V. IL SILMARILLION:
    L'OPERA CHE AVEVA NEL CUORE
    
    VI. LE OPERE MINORI:
    DUBBI, TIMORI, AUTOBIOGRAFIE
    
    POSTFAZIONE:
    AMMIRATORI E CRITICI
    
    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
    
    Note all'introduzione dell'edizione italiana
    
    Note dei traduttori
    
    Indice Analitico

Il commento di Cla

CONTENUTO: Shippey è noto a livello mondiale per il suo fondamentale volume The Road to Middle Earth, nel quale aveva sostenuto con rara competenza la tesi secondo cui, la "via" maestra per comprendere il senso profondo degli scritti sulla Terra di Mezzo, è la filologia, o almeno la filologia così come Tolkien la intendeva (come unità tra linguaggio e letteratura). Quest'ultimo volume invece, pur riprendendo in parte alcuni temi sviluppati nella prima opera, è dedicato a mostrarci Tolkien come l'"autore del secolo" e questo sia nel senso che è l'autore più letto, sia che è il massimo esponente della cosiddetta fantasy (la corrente curiosamente dominante nel XX secolo) e sia, soprattutto, che la qualità degli scritti di Tolkien è di un tenore e una profondità superiore ad ogni altra. A questo terzo punto, dopo una lunga introduzione, sono dedicati tutti i capitolo del libro, nei quali Shippey non solo scava nel retroterra culturale dal quale sono emersi i miti tolkieniani, ma soprattutto mostra come questi miti, dotati di una complessità e profondità insospettabili per un lettore che si avvicini con leggerezza a Tolkien, abbiano qualcosa da dire a noi stessi, abitatori di un occidente sempre più tecnologizzato e sfiduciato.

COMMENTO: ancora una volta Shippey riesce a scrivere un'opera che si stacca, per capacità di analisi e competenza (sia delle fonti che della letteratura in genere) da tanti studi su Tolkien. A mio avviso solo Verlyn Flieger si può considerare all'altezza di Shippey, ma questo punto meriterebbe un discorso più lungo. Pur essendo il libro molto più "divulgativo" della già citata Road to Middle Earth, tuttavia non concede nulla alla superficialità e alla "semplificazione" delle analisi.

PREGI: il pregio maggiore dell'opera è la "scientificità" con cui l'autore affronta le varie tematiche: nessuna affermazione è gratuita e ogni tesi (anche se non condivisibile in toto) è sostenuta con dovizia di argomenti e riferimenti bibliografici. Tra le analisi più meritevoli, segnalerei i tre capitoli dedicati al Signore degli Anelli. Nel capitolo 2 viene mostrata la straordinaria complessità della trama, e quindi la non comune capacità di Tolkien di dominare questo intricato intreccio letterario. Particolarmente belle le pagine sul "Consiglio di Elrond". Il capitolo 3 è invece dedicato ai "Concetti del Male", tema che Shippey aveva già toccato nella Road. Egli vede negli scritti tolkieniani due concezioni del male, una boeziana (male come privazione) e una manichea (esiste il male in sé): pur consapevole che Tolkien era contrario alla seconda, Shippey tuttavia mostra come quest'ultima in alcuni punti fondamentali inevitabilmente riemerga. Questa "ambiguità" la si vede soprattutto nel potere "corruttivo" dell'Unico Anello (pp. 167 sgg.): è l'Anello che si rifiuta di lasciare il suo possessore e che diventa man mano più pesante (ovvero Anello è male in sé), oppure tale riluttanza e pesantezza hanno sede unicamente nel cuore dei diversi portatori man mano privato della loro libertà (Gollum, Bilbo, Frodo, Sam)? Particolarmente stimolante anche la parte dedicata agli spettri dell'Anello: Shippey introduce qui un'idea che non avevo mai incontrato prima, ovvero quella della "trasformazione": il transito dalla luce all'ombra non è un semplice passaggio a un diverso regno, ma è una vera e propria trasformazione che gli spettri dell'Anello subiscono (p. 155 sgg.). Il capitolo 4 è infine dedicato alla dimensione mitica del Lord, e su questo Shippey dice probabilmente la parola "definitiva" circa i rapporti tra paganesimo e cristianesimo in Tolkien (tema ripreso anche da F. Manni nella sua bella introduzione al volume). L'universo del Signore degli Anelli è «una sorta di Limbo, nel quale personaggi come gli innocenti non battezzati o i filosofi pagani di Dante non vengono definiti né idolatri né cristiani, ma una via di mezzo. Difatti Tolkien non è il solo scrittore ad ambientare la sua storia in una specie di limbo: l'epica del Beowulf fa scelte molto simili (il funerale dei tumuli nel Beowulf è molto più simile a quello di Théoden che non a quello di Attila), addirittura identico nell'usare la parola anacronistica hoeden, "heathen" ("pagano") per condannare gli adoratori del diavolo danesi (un punto che Tolkien aveva considerato nella sua lezione del 1936, cfr. Il Medioevo e il Fantastico, p. 79)» (p. 201).

LIMITI. Mi permetto di segnalarne solo due, e marginali: 1) le pagine dedicate al Silmarillion e alle altre opere sono troppo poche e quindi, inevitabilmente, le stesse analisi sono di gran lunga inferiori a quelli svolte sul Lord e sullo Hobbit. 2) non condivido la lettura svolta da Shippey circa la concezione di "applicabilità" di cui parla Tolkien. Shippey afferma, ad esempio, che la costruzione del Rammas Echor è "applicabile" alla costruzione della linea Maginot, oppure che il capitolo "Percorrendo la Contea" è applicabile all'industrializzazione dell'Inghilterra. Per essere coerenti con la lettera tolkieniana, occorre invece dire che l'applicabilità sta nella libertà del lettore (che può applicare un significato universale esemplificato da eventi della terra di Mezzo, alla propria esperienza), e dire eventualmente che alcune vicende della terra di mezzo sono state "sub-create" a partire da eventi del nostro mondo (ad es. il Rammas Echor a partire dalla Linea Maginot).


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