Spezzare l'Incantesimo

Teorie radicali su fiabe e racconti popolari

Copertina

di Jack ZIPES
Traduzione: Giorgia Grilli
Titolo originale: Breaking the Magic Spell. Radical Theories of Folk and Fairy Stories (1979)
Milano, 2004, Arnoldo Mondadori Editore (Infanzie)
ISBN: 88-04-53198-3
Br, dim. [hxl]: 210x150, pagine: 360, prezzo: € 13,00
Copertina: (non attribuita)



Note di copertina

Spezzare l'incantesimo può essere considerato una pietra miliare nello studio delle fiabe e dei racconti popolari. In sette saggi Zipes mette in luce l'importanza di studiare i racconti popolari in maniera "radicale", ricollocandoli cioè nel loro contesto sociale e politico. Ne insegue poi l'evoluzione fino alla trasformazione in fiabe letterarie e in "prodotti" concepiti per i nuovi media: una metamorfosi che spesso ha occultato o ridotto l'ideologia implicita nelle narrazioni originarie. Zipes analizza anche i modi in cui i racconti popolari influenzano le nostre comuni credenze e convinzioni, nonché quelli in cui vengono sfruttati dalla rete massmediatica, così da provocare nel pubblico una sorta di "incantamento" che questo testo, nel suo complesso, si propone appunto di denunciare.


Indice

    Prefazione
    
    INTRODUZIONE
    
    LA FIABA NEL NOSTRO TEMPO
    
    Capitolo primo
    C'ERA UN TEMPO
    Introduzione alla storia e all'ideologia delle fiabe e dei racconti popolari
    
    Capitolo secondo
    IL DIRITTO DEL PIù FORTE
    La politica della fiaba e del racconto popolare
    
    Capitolo terzo
    LA RIVOLUZIONARIA ASCESA DELLA FIABA ROMANTICA IN GERMANIA
    
    Capitolo quarto
    LA STRUMENTALIZZAZIONE DELLA FANTASIA
    Le fiabe, l'industria culturale e i mass media
    
    Capitolo quinto
    LA FUNZIONE UTOPICA DELLA FIABA E DELLA FANTASIA
    Ernst Bloch il marxista e J.R.R. Tolkien il cattolico
    
    Capitolo sesto
    SULL'USO E L'ABUSO DEI RACCONTI POPOLARI E DELLE FIABE CON I BAMBINI
    La bacchetta magica moralistica di Bruno Bettelheim
    
    Capitolo settimo
    LA MORALITÀ RADICALE DI TOPI, FATE, MAGHI E ORCHI
    Prendere sul serio la letteratura per l'infanzia
    
    NOTE
    
    BIBLIOGRAFIA
    
    INDICE ANALITICO

Il commento di Soronel

Un punto su cui l'Autore insiste molto sono le differenze fra racconto popolare (folk tale), fiaba (fairy tale) e fiaba letteraria (Kunstmärchen).

"In origine il racconto popolare era (ed è ancora) una forma narrativa orale coltivata da persone sia letterate sia illetterate per esprimere il modo in cui esse percepivano e percepiscono la natura e l'ordine sociale e il loro desiderio di soddisfare i propri bisogni e i propri sogni".
La fiaba nasce in un momento storico ben preciso, fra il XVI ed il XIX secolo, ed è segnata pesantemente dal passaggio dal feudalesimo al capitalismo: perde in gran parte (ma non del tutto) le sue caratteritiche di rottura e di denuncia, per essere normalizzata in un'ottica borghese.
I romantici tedeschi, nel XVIII e XIX secolo, recuperano la spinta "radicale" che era propria del racconto popolare, e la ripropongono nelle loro Fiabe letterarie.

Partendo da questa cornice storica e basandosi sul lavoro critico della Scuola di Francoforte (Marcuse, Adorno, Horkheimer e Habermas), Zipes analizza l'importanza delle fiabe e dei racconti popolari al giorno d'oggi, soprattutto nell'ottica moderna che li vede come "letteratura per bambini", e denuncia l'operazione di appropriazione e normalizzazione della cultura popolare che viene effettuata dall'industria culturale e dai mass media.

Ben due capitoli e mezzo su sette parlano dell'evoluzione della fiaba in Germania, purtroppo con pochi esempi e dando spesso per note fiabe e racconti popolari che al pubblico italiano lo sono ben poco. Un capitolo è una stroncatura di Bruno Bettelheim e delle sue teorie sull'uso della fiaba. Un altro capitolo (l'ultimo) analizza il successo di Harry Potter, e lo contrappone a racconti fantastici alternativi e più validi.

Il capitolo che più ci interessa è il quinto in cui l'Autore commenta (ed in parte demolisce) il saggio Sulle Fiabe di Tolkien; poi, utilizzando le categorie critiche del marxista Bloch, analizza Lo Hobbit e mostra che "contiene più forza esplosiva di quanto si possa immaginare". Zipes è il primo ad ammettere che questa operazione è "qualcosa di insolito", ma ne rivendica la legittimità perché permette di svelare la radicalità di Tolkien in quanto subcreatore di utopia; un'utopia che è "un'illusione anticipatoria che ospita alcuni impulsi emancipatori e fornisce speranze sulle possibilità degli esseri umani di diventare ancora veramente se stessi".


Il commento di Cla

CONTENUTO: In questo articolato volume l'autore dichiara esplicitamente di voler usare le categorie marxiste elaborate dalla Scuola di Francoforte e da Ernest Bloch per esplorare l'universo del fantastico. Zipes teorizza una differenza essenziale tra i racconti popolari e le fiabe: i primi nascono da utopiche esigenze sociali delle classi inferiori [p. 37] e dal loro desiderio di cambiare la società, come dimostra la presenza della magia [p. 73]. Tra il XVI e il XVIII secolo tali racconti vennero poi trasformati in "fiabe" [p. 41] le quali, anziché manifestare le aspirazioni sociali del popolo, servirono per educarlo e tenerlo sotto controllo [p. 65]. Questa mutazione viene dettagliatamente analizzata nel contesto tedesco [cap. 3]. Tale strumentalizzazione della fantasia giunge fino ai giorni nostri nei quali alla carica utopica dei racconti popolari, si sostituisce il culto della famiglia [ad opera della Disney, p.181 sgg.] o della bontà dell'imperialismo americano [ad es. La saga di Guerre stellarii].

Il cap. 5 è dedicato a Tolkien. Zipes sostiene che nei racconti di Tolkien è presente una carica utopica e sociale la quale però non si manifesta completamente, a causa dell'"anticapitalismo regressivo" dell'autore. In altri termini Tolkien desidera un nuovo umanesimo, ma anziché guardare avanti, si volge all'indietro, anche per il suo cattolicesimo tradizionale. Per cogliere la carica utopica presente e poi nascosta in Tolkien, occorre leggerlo con le categorie elaborate dal grande filosofo marxista Ernest Bloch, che con suo celebre "principio speranza" vede nella fantasia una facoltà sempre tesa verso un'utopia futura a cui ogni mutamento sociale tende ad approssimarsi.

Il volume si conclude con una critica alle tesi di Bruno Bettelheim [cap. 6] e ad alcune saghe moderne, tra cui il culto della personalità presente in Harry Potter. Pagine di apprezzamento vengono invece spese per l'orco Shrek e i meno noti racconti di Pullman e Roger [cap.6].

PREGI: L'autore si dimostra un intellettuale serio, in specie sul versante filosofico, e scrive un volume indubbiamente stimolante, non fosse altro per alcune tesi "poco convenzionali".

LIMITI: Come ha mostrato con rara lucidità Hanna Arendt in Le origini del totalitarismo, l'ideologia non è altro che la logica di un'idea, che viene sviluppata ignorando la complessità degli oggetti reali che si vorrebbe spiegare. Lo stesso accade a Zipes, che usa l'ideologia marxista per leggere il fenomeno della fiaba. A suo onore, invero non piccolo, va detto che egli dichiara con piena onestà intellettuale questo suo particolare approccio. Per restarvi fedele, tuttavia, egli opera evidenti forzature ermeneutiche. Tra le tante, ricordiamone alcune relative a "lo Hobbit"

Come ben si vede, questa lettura ideologica va incontro agli stessi limiti a cui vanno incontro le letture simboliche di destra: anziché seguire l'intreccio e i complessi dettagli delle storie tolkieniane, si applica agli elementi del racconto un richiamo simbolico estrinseco alla storia narrata. La trama viene poi "piegata" alla logica di tale idea, come ben si vede quando Zipes, di fronte al fatto che alla fine Bilbo torna a vivere come ha sempre fatto, nella totale assenza di aspirazioni sociali progressiste, attribuisce tale assenza al cattolicesimo e al regressismo di Tolkien. Ma questo gesto, ovvero prendere una parte del racconto,applicargli una logica e una simbologia estrinseca, e quindi attrbuire a una patologia ciò che del racconto non quadra con tale lettura, significa non comprendere il "proprium" di uno scrittore, chiunque egli sia.


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