L'anello che non tiene.

Tolkien fra letteratura e mistificazione

Copertina

di Lucio DEL CORSO e Paolo PECERE
Postfazione di Andrea Cortellessa
Roma, 2003, Minimum fax (filigrana 33)
ISBN: 88-87765-85-5
Br, dim. [hxl]: 167x120, pagine: 222, prezzo: € 7,00
Copertina: Riccardo Falcinelli



Note di copertina

In Italia il travisamento di Tolkien a scopi politici pare una regola. Sin dagli anni Settanta, parallelamente a un processo di mistificazione che ha riguardato il significato letterario delle opere di Tolkien, è cominciato un processo di sistematica appropriazione dell'universo tolkieniano da parte di movimenti e partiti di destra, che hanno fatto del Signore degli Anelli un serbatoio di simboli, iconografie, persino slogan.
Uno degli scopi di questo libro è mostrare come un'interpretazione attenta al contesto culturale in cui l'opera di Tolkien si è sviluppata permetta di liberarla dalla morsa ideologica e dalle trasfigurazioni arbitrarie, restituendola ai lettori nella purezza del suo valore letterario.


Indice

    Introduzione. Le radici tagliate
    1. Tolkien e la destra: una storia italiana
        Gli anni Settanta
        Il Ritorno di Tolkien
        Excursus: Francesco Cossiga lettore di Tolkien
    2. Società Tolkieniane
    3. Elementi di trasfigurazione
        Dark Ages
        Archetipi e nuova mitologia
        Bene vs. Male
    4. La tradizione del fantastico inglese e i percorsi della critica italiana
    5. Un romanzo non un'epica: filtri narrativi ed elementi antieroici
    6. Il caleidoscopio del mondo: "estetica linguistica" e poetica del mito
    7. Fantasy d'appendice e altre ierofanie
    8. Ambiguità del mito e scorciatorie intellettuali
        a) L'alfa e l'omega della letteratura
        b) Breve genealogia e critica delle interpretazioni Tradizionali
        c) Gnomi rubamutande e sillogismi tolkieniani
    Conclusione. L'anello che non tiene
    
    Quando mettono mano alla pistola sfodero subito la cultura di Andrea Cortellessa
    
    Ringraziamenti

Il commento di Soronel
(questo commento in forma di intervista è stato pubblicato nel numero 17 di Terra di Mezzo)

  1. Qual è il succo del libro?
    Cerca di dare una risposta alla domanda: perché oggi in Italia Tolkien è considerato uno scrittore di destra?

  2. Il miglior pregio del libro.
    L'onestà intellettuale: gli autori non hanno avuto timore di dare la parola ai protagonisti di quelle vicende che pure cercavano in parte di smontare. Inoltre si tratta di un libro che introduce nel dibattito su Tolkien e la sua opera voci ed idee nuove, delle quali secondo me si sentiva la mancanza e che hanno già stimolato varie risposte.

  3. Il peggior difetto del libro.
    Sconta una certa fretta nel pubblicarlo per sfruttare l'effetto traino dei film di Peter Jackson, e questa fretta ha portato gli autori a non approfondire sufficientemente alcuni aspetti. Ad esempio la parte sul fandom tolkieniano mi sembra piuttosto superficiale.

  4. Non vi sembra che il libro sia monco, in quanto, se cerca di spiegare e di "smontare" l'appropriazione, in Italia, dell'universo tolkieniano "da parte di movimenti e partiti di destra, che hanno fatto del Signore degli Anelli un serbatoio di simboli, iconografie, persino slogan", viceversa trascuri del tutto la problematica del perché la narrativa di Tolkien non sia stata debitamente considerata dalle voci della sinistra italiana?
    No, non mi sembra, o almeno non in questi termini. Se il libro è monco in qualcosa, lo è semmai quando cerca di dare la propria chiave di lettura del Signore degli Anelli ispirata al preraffaellismo: la chiave è solamente abbozzata ed accennata, mentre avrebbe meritato a mio avviso una maggiore profondità. Riguardo al comportamento della "sinistra" (ed usare questo termine in questo contesto è una generalizzazione altrettanto grande che usare "destra"), la spiegazione che viene data per la sua scarsa considerazione è che il "fantastico" non fa parte della cultura italiana di stampo latino-umanistico: gli ambienti di sinistra che hanno ignorato e poi ostracizzato Il Signore degli Anelli e Tolkien lo hanno fatto in un primo momento solo per indifferenza verso argomenti che non li toccavano o che non ritenevano interessanti; in un secondo tempo (più o meno a partire dal 1977) si è innescato un circolo vizioso fra l'indifferenza della sinistra, l'interesse della destra, e finalmente il rifiuto della sinistra e l'abbraccio della destra. Secondo de Turris tutto questo dimostra la mala fede e la cattiva coscienza della sinistra, e più in generale della critica letteraria italiana; secondo Del Corso e Pecere invece non dimostra nulla, è solo un fatto che è successo.

  5. Da tolkieniani esperti, che probabilmente conoscono più d'un saggio esegetico o critico riguardante l'opera del professore oxoniense, non vi sembra che il libro appiattisca troppo il panorama delle cosiddette interpretazioni tradizionali di Tolkien e del fantastico, trattando alla stessa stregua - cioè sostanzialmente come espressioni di un'unica mania e di un unico (strumentale) errore - Voglino, De Turris, Stefano Giuliano, Paolo Gulisano, autori il cui apporto non è in realtà così omogeneo?
    Voglino, de Turris e Giuliano sostengono posizioni talmente simili che è spesso difficile non confonderle. Effettivamente Gulisano con la sua lettura soprattutto cristiana si discosta da loro nel suo Tolkien il mito e la grazia, ma quello che Del Corso e Pecere citano è il suo precedente lavoro La mappa della terra di mezzo, nel quale invece egli porta avanti le stesse posizioni degli altri: quelle, appunto, che Del Corso e Pecere considerano l'errore di partenza della "scuola neo-simbolica", e che rendono possibile accomunare i quattro nella definizione globale di "interpretazione tradizionale". Quando parlano di un contributo critico realmente alternativo, come quello della Lodigiani o quello di Monda e Simonelli, gli autori non hanno problemi a dichiararne la diversità.

  6. Quale la più corretta e veritiera tra le tre posizioni?
    a) un'interpretazione simbolica di Tolkien è indubbiamente legata a valori di "destra";
    b) un'interpretazione simbolica di Tolkien dipende da fattori sovraordinati alla distinzione politica destra-sinistra ed è quindi possibile a prescindere dalla propria militanza politica, dal proprio voto, dalle proprie preferenze partitiche e politiche;
    c) un'interpretazione di Tolkien è indebita e non va quindi data.
    È giusto intendere il libro di Dal Corso e Pecere come argumentum anche in direzione della terza delle tre posizioni, oltreché come demistificazione del rapporto Tolkien-destra?

    Non sono d'accordo con nessuna delle tre posizioni: credo piuttosto che un'interpretazione simbolica di Tolkien sia legata non a valori, ma semmai ad ambienti "di destra".
    Riguardo all'Anello che non tiene a me sembra che neghi non la liceità di interpretare Tolkien, quanto piuttosto la validità assoluta di un certo tipo di interpretazione (quella simbolica) troppo spesso considerata assiomaticamente come unica possibile e valida.

  7. Un parere sulla postfazione di Andrea Cortellessa.
    Per quanto ben svolta, è un cumulo di pregiudizi e si basa su una conoscenza di Tolkien parziale o nulla. Tuttavia non mi sento di definirla totalmente inutile: il filosofo spagnolo Fernando Savater, grande estimatore del Signore degli Anelli, l'ha conosciuto leggendone una stroncatura che ne aveva scritto Edmund Wilson.

  8. Qualcosa da aggiungere?
    Tutte le critiche al libro di Del Corso e Pecere che ho letto si concentrano su aspetti del loro lavoro che secondo me sono secondari: si è contestato l'uso di questa o di quella lettera di Tolkien, si è parlato di mala fede e di strumentalizzazione, ci si è attaccati alla "teoria del complotto" sull'introduzione di Zolla, si è condannata la dietrologia dei due autori, si sono condannate alcune frasi sui fan di Tolkien. Resta però il fatto che nessun altro libro, a mio avviso, riesce a dare una risposta altrettanto articolata e valida alla domanda, che ripeto: perché oggi in Italia Tolkien è considerato uno scrittore di destra?


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